Buoni pasto, spese di vitto e alloggio ed in generale le spese di trasferta creano sempre qualche complicazione di natura fiscale ed in questa mini guida ti fornisco un quadro dettagliato della situazione.
Parto dalle regole generali per poi andare nel dettaglio delle cose e come al solito metterò dei semplici esempi per rendere più chiaro il tutto.
Il primo argomento da affrontare sono le spese alberghiere e le spese per somministrazioni di alimenti e bevande che sono generalmente deducibili nella misura del 75% salvo alcune eccezioni come ad esempio i ticket restaurant, sia elettronici che nella versione tramite App mobile.
Buoni pasto e la regola generale al 75% delle spese di vitto ed alloggio
Come ti ho appena detto esiste una regola “generale” che ti impone di suddividere e separare le spese di vitto e alloggio che puoi dedurre (ovvero “scaricare”) al 75%.
Se ad esempio organizzi un convegno allora dovrai farti dare il dettaglio di quante sono le spese alberghiere divise da quelle per alimenti e bevande così da applicare la regola del 75% a queste ultime.
Come ogni regola generale ci sono delle eccezioni ed il primo caso è quello delle spese di trasferta.
Le spese per trasferta sostenute dai dipendenti, collaboratori e dagli amministratori per trasferte fuori dal territorio comunale sono deducibili al 100%.
A queste spese si applica il limite di 180,76€ per ogni giorno di trasferta in Italia e 258,23 euro per i giorni all’estero mentre all’interno del territorio comunale torniamo al 75% della regola generale.
La percentuale di deducibilità del 75% si applica anche ai soci di società di persone che non sono amministratori e questo anche se sostenute fuori dal territorio comunale.
Infine se l’azienda sostiene le spese per un professionista a cui ha affidato un determinato servizio le potrà dedurre al 100% a patto che siano indicate come corrispettivo della prestazione e nella fattura siano indicati i dati del professionista stesso, il tutto comunque entro il tetto generale dei € 180,76 per ogni giorno di trasferta in Italia e € 258,23 all’estero.
Buoni pasto, trasferte & detraibilità IVA
Per quanto riguarda l’IVA sulle spese di trasferta è detraibile sia l’IVA sulla somministrazione di alimenti e bevande che quella sulle prestazioni alberghiere.
Quindi è possibile “scaricare” l’IVA sui pranzi di affari, sulle spese sostenute da dipendenti o collaboratori in trasferta, sulle spese per mense aziendali oppure sui buoni pasto e ticket restaurant.
Il Fisco chiede solamente (nel caso di società) di indicare sulla fattura il nome e cognome della persona che ha usufruito del servizio.
In altre parole sul documento è necessario indicare il nome del dipendente, professionista oppure amministratore che ne ha usufruito.
Occorre prestare attenzione alle registrazioni contabili perché la parte di IVA che non è possibile detrarre (quindi il residuo 25%) costituisce costo per l’azienda mentre la parte di IVA detraibile (quindi il 75) va necessariamente scaricata.
Questo vuol dire che se ho messo per errore tutto a costo allora quel 75% di IVA va perso definitivamente.
Sempre a proposito di IVA c’è una piccola curiosità da sapere: l’aliquota IVA sulla fattura del ristorante è generalmente al 10% mentre l’IVA sul servizio mensa (anche se effettuato dal medesimo ristorante) scende al 4%.
I buoni pasto sono una sostituzione del servizio mensa quindi beneficiano della riduzione dell’aliquota IVA al 4% rispetto al tradizionale 10%.
Spese di rappresentanza
Oltre ai buoni pasto e le spese di trasferta dobbiamo esaminare un’altra casistica ovvero quella delle spese di rappresentanza.
Si tratta di una particolare categoria di spese che sono collegate all’esigenza dell’azienda di promuovere e consolidare gli affari.
Un tipico esempio di spese di rappresentanza è quando l’imprenditore offre dei bonus gratuiti a persone collegate all’impresa, anche se indirettamente.
Se ad esempio vuoi portare a cena il tuo consulente oppure offri un pranzo ad un amico per ringraziarlo di averti segnalato un affare allora quella è una spesa di rappresentanza.
Si tratta di soldi che spendi per dare “un’immagine positiva e prestigiosa dell’impresa e della sua attività in termini di organizzazione e di efficienza“.
La caratteristica principale delle spese di rappresentanza è la GRATUITÀ
In altre parole manca uno specifico obbligo in capo al soggetto che ne ha beneficiato e questo elemento è fondamentale perché le distingue dalle spese di pubblicità.
L’IVA sulle spese di rappresentanza è INDETRAIBILE (quindi non la puoi “scaricare“) tranne in due casi specifici:
1️⃣ il primo caso riguarda le spese per ospitalità sostenute in occasione di mostre, fiere, visite aziendali – incluse quelle per i giornalisti
2️⃣ il secondo riguarda gli omaggi di costo unitario non superiore a 50 euro a patto che non siano oggetto dell’attività.
Se hai un negozio di abbigliamento puoi scaricare il costo della cesta natalizia con dentro i salami – se invece sei un salumiere allora niente cesta natalizia e devi andare su beni diversi da quelli che vendi.
Infine sono esenti da tassazione le somministrazioni dei pasti ai camerieri e cuochi dei ristoranti e la fornitura di cestini preconfezionati contenenti il pasto dei dipendenti.
Buoni pasto, mense e fringe-benefit
Le somministrazioni di pasti in mense organizzate direttamente dal datore o gestite da terzi, comprese quelle derivanti da convenzioni con ristoranti sono esenti da tassazione
I buoni pasto e ticket restaurant sono inquadrati come sostituti del servizio mensa e sono esenti da tassazione entro il limite di spesa giornaliero di 8€ per i ticket elettronici e 4€ per quelli cartacei
Le spese sostenute all’interno del comune in ristoranti NON convenzionati sono invece SEMPRE tassate.
L’amministratore percepisce un reddito fiscalmente assimilato al lavoro dipendente pertanto gli possiamo attribuire dei fringe-benefit in esenzione all’interno di una franchigia che normalmente è di 258,23 €
Negli anni scorsi questa franchigia era arrivata a raddoppiare a 516,46 per il 2020 e 600€ per il 2021. Addirittura nel 2022/2023 potevi arrivare a 3.000 euro con il rimborso delle bollette.
Per l’anno 2024 questa franchigia è di 1.000 euro che salgono a 2.000 euro nel caso di figli a carico.
Spese di trasferta
In ogni caso, tornando alla questione dei buoni pasto, ci sono due questioni che pochi affrontano:
- le spese di trasferta che hanno un tetto di 180€ al giorno, quindi una strategia realmente molto più performante rispetto a quella dei buoni pasto;
- il rimborso forfettario fino a 46,48 € a cui si possono aggiungere i rimborsi KM che di solito sono trascurati.
Questi rimborsi permettono di ottenere un importo “a forfait” per le trasferte del dipendente e dell’amministratore quando esce dal territorio comunale per ragioni di lavoro, indipendentemente che abbia o meno speso dei soldi.
Per legge il rimborso forfettario è totalmente esente tanto per il dipendente quanto per l’amministratore che lo ha percepito.
Nel frattempo il rimborso forfettario rimane interamente deducibile per la società che lo ha erogato.
I buoni pasto sono sicuramente comodi e semplici da usare, tuttavia la definirei una strategia “di corollario” che può semplificarti le cose nell’intricato sistema fiscale italiano.
Questi articoli sono un aiuto per comprendere come pianificare correttamente il tuo business quindi ti invito ad iscriverti alla newsletter cosi rimani sempre aggiornato sulle prossime pubblicazioni.
Ci vediamo presto
MT
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